di
Adalberto Ferru
Millenni di anni fa la piana di Sarrala, per via dei tanti nuraghi, era un brulicare di vita, un bel territorio abitato da due specie umane, una razza, quella dominante era alta anche sino a due metri e mezzo, l’altra quella subalterna raramente superava il metro e cinquanta.
Tutto era in armonia, le donne della razza che serviva, accudivano in casa , cucinavano,pulivano, mentre gli uomini, cacciavano, pescavano e coltivavano, per il benessere dei loro padroni, sapevano che erano destinati a quei lavori, quindi, lo facevano molto volentieri, in cambio di benevolenza e protezione da parte della razza dominante.
Erano tutti molto religiosi, quello che adoravano in particolar modo era il Dio Babai quello che nell’Olimpo sedeva accanto a Giove Marte e Nettuno, Babai era il Dio protettore dei sardi, ancora oggi in Sardegna si usa chiamare Babai il padre e gli uomini degni di venerazione. I romani in seguito, riconoscendone tali virtù e qualità, chiamarono questo dio “Sardus Pater Babai”.
Saralapis era un paradiso ambito da molte tribù di tutta l’isola, ricco di ogni bene e non facile da conquistare, perché ben protetta sia dai monti che la sovrastano, sia dal mare controllabile dai nuraghi ad ogni momento, poi dalla razza servitrice che venerava i loro padroni.
Alcune tribù provenienti dall’entro terra, con l’intento di assaltare la piana di Saralapis, costeggiando il Monte Arbu e il Monte Tacchixeddu, dove ai loro piedi ora c’è il paese di Tertenia, videro parecchie Janas, cercarono di farsele alleate, risaputo che nutrivano parecchia invidia nei confronti degli abitanti di Saralapis, per via del benessere, noto dappertutto.
Le Janas si introdussero a Saralapis prendendo sembianze di animali sia terresti che volatili e perché l’impresa riuscisse, chiamarono in aiuto maghe, streghe e fattucchiere, si riunirono a Punta sa Canna attorno a un’enorme falò per invocare i dei maligni, ballarono tutta la notte, un ballu tundu sino allo stremo, caddero per terra una dopo l’altra come prese di attacchi di epilessia.
Stava albeggiando, quando la terra inizio a vibrare a intervalli di 10 secondi, erano i dei maligni che si avvicinavano.
Nemmeno i Titani poterono fermare la malvagità del potente Azerot che mandò questi dei maligni con sembianze di sproporzionati gorilla a Saralapis, il primo ad arrivare era stato Neptulon seguito da Therazane, poi Akir con Ragnaros e infine il piccolo ma non meno maligno Azulan.
Per molto tempo seminarono terrore nella piana di Saralapis, non vi era più traccia d’uomo, la razza dei nuragici, sia dominanti che servitori sparì.
Un Dio dell’Olimpo vide dall’alto quella disfatta e subito ne informò il Dio Babai, che corse a vedere, l’ira fu tremenda, afferrò Neptulon e lo scaravento a Punta sa canna dove avvenne il maleficio, il corpo restò immerso nel mare e la testa sugli scogli, pietrificato all’istante, subito più su scaravento, Therazane, il piccolo Azulan lo sbatté sul monte Bruncu Tronciu, Akir e Ragnaros li scaraventò sul monte Serra Pani uno con la faccia rivolta a nord/est, l’altro all’opposto pietrificandoli tutti.
Giove, Marte e Nettuno che diedero la forza al Dio Babai aiutandolo in tale impresa, gli raccomandarono di non lasciare più la zona incustodita.
Si stendeva a riposare tra il Monte Cuile e Perda Manna sinché non si svegliò più, il suo corpo era grande come un monte, il tempo gli solcava il viso e tutto il corpo rendendolo a sua volta di roccia forte come il ferro e la gente guardandolo lo chiamava Monte Babai Ferru
Sono passati millenni e il Dio Babai è sempre li che veglia sulla piana di Sarrala, cambiarono le religioni e non si credete più negli dei, quel monte lo chiamano solo Monte Ferru.
Dalla spiaggia di Foxe Murdegu, la gente ignara dell’accaduto, osserva spesso le montagne vedendo delle sagome ben visibili di enormi gorilla, in direzione di Quirra, subito sopra il livello del mare c’è quella di Neptulon, quella subito più su è Therazane, a metà dell’orizzonte, c’è il piccolo Azulan, mentre più a ovest si intravedono le sagome di Akir e di spalle Ragnaros, poi verso s’Arcu e Sarrala, si scorge nitidamente il volto di quel placido vecchio disteso che dorme, è il Dio Babai MONTE FERRU.
Sarà vero, sarà una leggenda, è certo però, che tutto quello che c’è nel racconto, basta andare a Melisenda e lo vediamo con i nostri occhi.