Soprattutto nei centri di Gairo (vecchia) e Jerzu, il rapporto tra la forma urbana, la struttura dei tessuti e degli isolati e la cellula edilizia è strettissimo. Le strade sono per lo più stretti canali definiti da argini costituiti proprio dagli allineamenti delle case.
Queste ultime, private della possibilità di evolvere e ampliarsi mediante raddoppi in pianta per mancanza di pertinenze di corti, sono spinte a crescere in altezza, accentuando proprio i paesaggi urbani densi e compatti. Infatti, il pendio dove sorgono i centri viene reso abitabile attraverso una vera e propria sostruzione: lo scavo per definire i piani di posa delle cellule abitative dà luogo ad un “terrazzamento edilizio”, che consente di rendere fruibile e percorribile un sito naturalmente scosceso. Sui terrazzi, le cellule con i loro setti “contro terra”identificano compattamente la struttura degli isolati, su cui si costruiranno successivamente sviluppi prevalentemente in altezza. Si genera così un tessuto estremamente denso, quasi privo di vuoti, dove il sistema dei setti murari è reso fortemente solidale dalla condivisione di ciascuna parete tra cellule contigue e l’intera struttura costruita dell’isolato si radica al suolo naturale, sul pendio, costituendo un nuovo suolo totalmente artificiale e abitabile. Ecco perché il salto di quota tra monte e valle viene risolto con isolati di spessore minimo, con una cellula sempre totalmente o parzialmente interrata verso monte. Questa condizione strutturale ha diffusamente imposto che la cellula elementare di montagna sia quasi costretta al raddoppio in altezza: questa articolazione consente, nel caso di lotti passanti da una strada all’altra, l’accesso da valle agli ambienti di deposito, e da monte all’abitazione. Spesso inoltre, soprattutto quando la pendenza longitudinale, lungo il percorso, è significativa, l’accesso su strada è rialzato ed avviene con una breve rampa di scale, il che spesso comporta l’esistenza di un vano seminterrato anche a valle. Molto spesso, inoltre, il vano contro terra della cellula di base è un ambiente “in fieri”, che viene progressivamente scavato per ricavare ulteriori locali di deposito.
Fig. 01 – Case alte a Lanusei. In V. Mossa (1957).
Fig. 02 – Case alte a Talana.
La cellula dei centri della montagna cresce "per successivi raddoppi": anzitutto in altezza, traslando verso l’alto il focolare ed il nucleo abitato, mentre ai piani terra vengono lasciate le funzioni strumentali e gli spazi di relazione. In questa crescita, il collegamento con i piani superiori spesso avviene mediante una scala interna, più raramente viene impostato un "profferlo" (la scala esterna giustapposta alla facciata) che costituisce un elemento architettonico rilevante e diffuso soprattutto nei centri di collina. La cellula si raddoppia anche in profondità, sia quando l’unità abitativa risulta “passante” da strada a strada, sia quando si tratta di cellule singole contrapposte. Ancora, le cellule possono essere raddoppiate sul fronte strada, e di conseguenza la "casa minima" monocellulare presenta spesso una variante con il prospetto pubblico più esteso, suscettibile di ulteriori sviluppi in altezza.
Fig. 03 – Jerzu: edificazione lungo una rampa in pendenza.
Fig. 04 – Arzana: edificazione lungo una rampa in pendenza. L’abitazione specializza la funzione delle cellule con i vani rustici nel piano parzialmente interrato e quelli abitativi ai piani superiori.
Talvolta, proprio come un fossile, la cellula elementare conserva l'impronta del focolare (foghile): è il nucleo della casa, la cellula come cucina (coxina), luogo del metabolismo domestico, spazio ad uso totale, la cui "naturalità", ancora sino all'inizio del secolo, era rafforzata dall'assenza di camino, col fumo che si disperdeva attraverso l'incannicciato del tetto. La sua più immediata articolazione è il deposito-magazzino (fundagu, mangasinu), che si giustappone come cellula in sequenza planimetrica, e si dispone ad accogliere anch'esso (essendo la specializzazione, a questo stadio, improponibile) ulteriori funzioni domestiche, come gli appartamenti notturni delle donne di casa, le quali finivano per lasciare agli uomini (così spesso presenti solo temporaneamente) lo spazio del focolare per dormirvi attorno. Sempre la cucina-focolare è centro riconoscibile dell'abitare, anche quando il sistema cellulare si articola sino a comporre la casa alta, che costantemente trasla il suo centro verso i piani superiori: quasi dovunque il modulo edilizio prevede la cucina all'ultimo piano, dove meglio smaltisce i fumi dal tetto e garantisce il ruolo domestico privilegiato ed emergente del focolare.
Fig. 05 – Modalità di affiancamento di due unità edilizie ad Ilbono: le abitazioni si sviluppano per accostamento di cellule in altezza e in profondità.
Dalla cellula elementare densa e compatta alla “casa alta di montagna” il passo sembra breve ed il rapporto immediato. La crescita in altezza costituisce spesso una condizione sostanzialmente obbligata: ma quando la cellula base elementare diventa una struttura più complessa, allora la quantità stessa delle cellule che si aggregano determina una nuova qualità dell’abitazione.
La distinzione e la specializzazione tra il pian terreno ed i piani alti si fa più netta.Il livello inferiore è definitivamente destinato a servire come luogo del deposito delle derrate domestiche, mentre i piani superiori formano l’abitazione vera e propria. La casa alta mostra nelle sue fitte maglie murarie la dipendenza originaria dalla cellula elementare, e ne assume - dove sono presenti - tutti i vincoli di solidarietà tra case contigue nel sistema degli isolati. Tuttavia, essa cerca sempre di forzare questi vincoli e di porsi come elemento caratterizzante una dimensione più urbana, con l’allineamento prevalente su strada, dove cerca anche in molti centri di accentuare l’espressività linguistica e simbolica dell’affaccio pubblico, con un’evoluzione formale che la porta ad assomigliare alla casa a schiera di città o addirittura al palazzetto. Inoltre, la casa alta cerca costantemente di superare la frammentazione del modello base mediante l’accorpamento di più cellule contigue (raramente comunque più di due o tre lungo il fronte strada).
Negli isolati stretti, questo si traduce frequentemente nello sviluppo di case “passanti” dal percorso di monte a quello di valle, talvolta inglobando e riempiendo i residui spazi cortilizi.
Fig. 06 – Seui: case alte su percorso di ristrutturazione.
A. Sanna, Le culture abitative, in A. Sanna, F. Cuboni, I Manuali del recupero dei Centri storici della Sardegna – vol. II.1 - Architetture in Pietra delle Barbagie, dell’Ogliastra, del Nuorese e delle Baronie, DEI, Roma 2008.
O. Baldacci, La casa rurale in Sardegna, Centro studi per la Geografia Etnografica, Firenze 1952.
V. Mossa, Architettura domestica in Sardegna, Carlo Delfino Editore, Cagliari, 1957.