Il sequestro

SU SEQUÈSTRU

[...] Dopo la morte del bisnonno di mio padre, Antonio Lai. che faceva il porcaro e di mio bisnonno, Luigi Lai anch'egli porcaro [...], mio nonno, Priamo Antonio Lai insieme a mio zio Beniamino, decisero di spostarsi, fecero un ricovero molto ben attrezzato, vicino al paese,durò poco il benessere, perchè dopo poco tempo Beniamino dovette lasciare l'attività a mio nonno, e a mio padre Luigi, perchè chiamato appunto alle armi nella campagna di Russia. Così mi è stato raccontato. Fu proprio qui che, accadde un fatto grave, per quei tempi, mio nonno Priamo, mi raccontò che pochi anni prima di morire, una sera d'autunno, mentre mio padre, appena dodicenne, era nella porcilaia proprio a S'Isca e Sa Cresia, a qualche chilometro dal paese, lui, si recò a cavallo al paese per fare provviste, e vendere della carne appena macellata. Caricò sul cavallo la merce e si allontanò, questo avveniva di consuetudine, e mio padre rimase da solo in S'Uili, a fare da guardia al bestiame, ma, come per destino delle cose, quando uno si trova solo e indifeso, successe un fatto molto grave.

Arrivarono nella loro porcilaia delle persone a cavallo, armati di fino, fucile sulle spalle e dei coltelli lunghi, che si intravedevano a penzoloni dalle selle, sembravano delle spade, i cavalli avevano la sella con delle bisacce laterali di cuio. Alcuni di loro erano barbuti, con il classico capello in testa "su berrettu".

Mentre si avvicinavano, mio padre pensava fossero dei cacciatori di passaggio, notava però che non c'erano cani al seguito, e allora pian piano mentre si avvicinavano, subentrava la paura, gli sguardi che s'intravedevano nei loro visi non erano amichevoli.

Infatti mio padre confermò, che i loro sguardi roteavano a 360°, scrutando qualsiasi cosa che vi era vicino a s'umbragu, la classica tettoia di frasche, era il riparo estivo e invernale del porcaro, poi osservavano "su barraccu", costruzione di frasche a forma di tronco di cono, era la casa del porcaro, lì svolgeva le attività e vi restava anche la notte, per dormire.

Quei cavalieri in pochi secondi, gli stavano proprio di fronte e gli chiesero se fosse solo e dov'era suo padre, lui disse che suo padre si era recato al paese, gli chiesero da quanto tempo era andato via e se tornava subito. Luigi era un ragazzino ancora poco smaliziato, disse che sarebbe tornato all'imbrunire, come di consueto.

Fu in quell'istante, che Luigi venne soprafatto da queste persone, scesero da cavallo, cambiarono atteggiamento, lo presero per un braccio, lo schiaffeggiarono e gli dissero di stare zitto, altrimenti lo avrebbero ucciso, era spaventato, ma ubbidì ai loro bruschi comandi.

Capì solo dopo, che quelli erano dei miseri ladri, venne rinchiuso e legato nella loro capanna, "Su Barraccu", e così con calma iniziarono a macellare non so quanti maiali, mio padre racconta che sentiva le urla della mattanza un maiale dietro l'altro. Mio nonno Priamo disse, che macellarono i maiali più in carne, ne tagliarono le parti che più interessava loro, cioè le cosce davanti e dietro per ricavarne poi i prosciutti.

Mentre si svolgeva la mattanza, mio padre era con le mani legate, ma riuscì a sfilare il suo coltellino a serramanico, s'orrosoedda, così si liberò della fune che lo legava. Riuscì ad uscire da una fessura tra le frasche verticali, dalla parte di dietro, per non essere visto durante la fuga. Cominciò a correre a più non posso, faceva anche freddo, ma non gli interessava, correva in direzione dela paese, seguendo dei sentieri alternativi, tutto per paura di essere raggiunto, e quando era in prossimità del paese, uscì nella strada maestra, quella sterrata, e così dopo un pò, incontrò mio nonno.

Avendo terminato velocemente la vendita delle carni e fatto provviste, fece un salto a casa da mia nonna per ritirare il pane, sa moddigina, per poi avviarsi anzitempo verso S'Isca e sa Cresia a S'Uili, chissà forse un presagio. Quando mio padre raccontò il fatto, rientrarono insieme in paese, e giuntovi, convocò subito delle persone amiche e qualche parente.

Venne organizzata una spedizione punitiva con serie intenzioni, senza lasciare vinti e vincitori, era una spedizione per la vita [...]. Arrivati trovarono uno scempio, tanti maiali fatti a pezzi, le interiora gettate per terra dappertutto, rimanevano solo le carcasse di quelle povere bestie senza le cosce, per terra, c'era sale dappertutto, questo faceva presagire che, erano arrivati lì, con chiare intenzioni delittuose.

Iniziarono a seguire le loro orme, ogni tanto trovavano il sangue per terra, che probabilmente cadeva dalle bisacce dei loro cavalli, notavano pian piano che i loro passaggi, in campagna portavano verso il territorio di Tertenia, verso l'orientale sarda. Mio nonno, già pensava che lì si sarebbe svolta la resa dei conti, anche gioco forza del fatto che lì, a Tertenia aveva degli amici di gran rispetto, gente coraggiosa, che lo avrebbero aiutato. Ma purtroppo, non era così, le orme e le tracce passavano dalla località di Cirra, per poi passare a Sa Canna, località che portava in direzione di Jerzu a Genna e Cresia, poi altre tracce superarono Jerzu, e portavano in direzione Ulassai.

[...] Fortunatamente vennero interecettati, mio nonno riuscì con uno stratagemma di amici a recuperare parte della refurtiva, mentre altre cosce furono vendute ad un commerciante di Ulassai per farne prosciutti, destinazione Pelau.

I ladri furono individuati uno per uno, ma senza prove reali, non potevano essere incriminati, in quanto la refurtiva fu abbandonata in un casolare di campagna, verso i tacchi di Ulassai, per poi essere ripresa, subito dopo essere lavorata, là, trovarono le cosce, già salate e con i pesi sopra.

Comunque, ebbero la loro dipartita, pagarono nel tempo molto caro quel loro gesto, uno, fu ucciso dopo poco tempo, mentre rubava in un ovile delle pecore, un altro morì avvelenato, alla festa di Osini lo trovarono con la bava alla bocca, per terra dietro una quercia, con i pantaloni calati, forse si era allontanato per fare il suo bisogno fisiologico [...]. Un altro lo trovarono in campagna con la testa fracassata, forse un litigio per balentia (prepotenza), si, perchè di lui, in paese si diceva fosse una persona, prepotente e manesca, data la sua statura e prestanza fisica si vanatava di non aver paura di nessuno. Poi qualche altro pagò, in altre maniere, gli bruciarono i terreni, forse dente per dente, da persone che ricevettero dispetti simili. Ma come si sa, quando qualcuno litiga con più persone, non si sà mai da chi arriva poi il dispetto ricevuto.

Così questa disavventura successa a mio nonno e mio padre, succedevano spesso, sia per il gusto del furto, con lo scopo dei proventi in denaro, oppure anche per fame, questa era la concausa, della povertà in cui la gente si trovava in quei periodi. In quelle zone, la fame talvolta superava l'onestà, e chi faceva queste azioni a danno di altri, pensavano forse di farla franca, per superare le difficioltà, ma purtroppo per loro non era sempre così.

 

Dal Libro "IN PUNT'E PEIS" di Ubaldo Lai, nato ad Osini e cresciuto in una parte della sua giovinezza a Perdasdefogu.

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