Muore Attilio Corrias

Attilio Corrias era nato ad Arzana, in Ogliastra, il 13 Aprile del 1904, da Giuseppe e Camilla Monni.

Si diede alla macchia nel 1926, dopo essere stato accusato di una rapina insieme ad altri fuorilegge di Orgosolo e Orani. In pochi mesi diventò il terrore di quelle campagne, compiendo razzie anche nelle zone tra Bonorva e Ozieri.

Era colpito da numerosi mandati di cattura per diversi omicidi, fra i quali del proprietario terriero bonorvese Francesco Porcu, nel Febbraio del 1928. Nel Settembre dello stesso anno aveva commesso un grave danneggiamento nelle campagne di Orani, che aveva suscitato l'indignazione di quella comunità: il giovane arzanese ed i suoi complici aveva scannato, in pieno giorno, ben 400 pecore e 26 mucche.

Sulla sua testa era stata posta una taglia di diecimila lire. Ma la fama criminale di Corrias crebbe a dismisura quando, in quello stesso anno, venne accusato di aver preso parte, insieme agli orgolesi Succu, Liandru e Floris, all'omicidio del maresciallo Colomo, comandante della stazione dei carabinieri di Orgosolo.

La gigantesca caccia all'uomo intrapresa dai carabinieri di Nuoro in seguito all'efferato delitto aveva dato ottimi risultati: Raffaele Floris era stato catturato il 4 Giugno successivo nelle campagne di Ozieri; il 17 Luglio era stato ucciso in un conflitto a fuoco Pietro Liandru ed il 29 dello stesso mese era caduto sotto i proiettili della Benemerita anche Salvatore Succu.

Successivamente i carabinieri appresero dai soliti confidenti che i due superstiti, Santino Succu e Attilio Corrias, molto spesso erano soliti incontrarsi nelle campagne di Orgosolo, spostandosi in continuazione da un sito all'altro, a piedi o a cavallo.

Le indagini per giungere alla loro cattura furono assegnate al capitano Ottorino Baronis, comandante della compagnia di Nuoro, al maresciallo maggiore Giuseppe Meloni, comandante della stazione di Macomer, e al brigadiere Pietro Luna, comandante della stazione di Orgosolo.

Il 2 Novembre 1928, poco prima di mezzogiorno, Baronis venne a sapere l'esatta ubicazione del nascondiglio: la tanca denominata Marrone, nella regione Monte Nieddu di Orgosolo.

La sera stessa i militari raggiunsero la località indicata, dove grazie ai confidenti individuarono il rifugio, occultato da un intricatissimo groviglio di rovi e lentischi, sicchè dall'esterno nessuno poteva individuarlo.

Il maresciallo Meloni ed un carabiniere si appostarono, in ginocchio, a circa 20 metri dal nascondiglio, dietro una grossa pianta di olivastro, con il compito di sorvegliare l'ingresso e di imporre il rituale fermo non appena il bandito fosse passato davanti a loro.

Il capitano e il brigadiere si appostarono dalla aprte opposta, dietro un muretto a secco, in modo da precludere al latitante ogni eventuale tentativo di fuga in quella direzione.

Verso le 21, nonostante una pioggia incessante e l'oscurità della notte, i carabinieri udirono il rumore di alcuni passi e quindi videro due uomini che, uno dietro l'altro, ad una distanza di circa 15 m, procedevano lungo il sentiero verso la postazione del maresciallo. I due avanzavano cautamente ed erano tutti e due armati di moschetto '91, lo stesso fucile in dotazione all'Arma ed altri reparti speciale del regio esercito.

Meloni ed il suo collaboratore intimarono l'alt ai due sconosciuti che, come risposta, aprirono immediatamente il fuoco riuscendo ad allontanarsi di circa 20 metri. Uno dei fuggitivi riuscì a scappare definitivamente, mentre il secondo si trovò di fronte il capitano ed il brigadiere. Appena li vide non esitò a sparare, ma venne a sua volta ferito a morte dai proiettili dei militari.

Si trattava del giovane latitante di Arzana, il quale, oltre al fucile, venne trovato in possesso di un lungo coltello a serramanico, di un potente binocolo e di numerose cartucce.

Con l'uccisione di Attilio Corrias l'Arma aveva chiuso, quasi definitivamente, nel giro di pochi mesi, la partita contro i presunti responsabili dell'omicidio del maresciallo Colomo.

Questa vicende, si legge in rapporto dell'epoca, "produsse un senso di generale sollievo e fu motivo di espressione di plauso per l'Arma da parte delle popolazioni e delle autorità".

Ai militari che avevano partecipato all'azione venne concessa la medaglia di bronzo al valor militare.

 

Dal libro "SARDEGNA CRIMINALE" di Giovanni Ricci.